FEBBRAIO 2021 INTERVISTA AD ANDREA ZENNARO A CURA DI ROSALINDA DI NOIA Testo di Rosalinda Di Noia e Foto di Archivio

Ben ritrovati amici di Almax, da Rosalinda Di Noia!

Questa volta, per l’angolo delle interviste torniamo in modo che spesso ho visitato in passato ovvero il mondo della chitarra e lo facciamo con un ragazzo comasco di enorme talento, anzi, posso assicurarvi che è uno dei migliori chitarristi che conosco personalmente.

Con grandissimo piacere e anche un po’ di emozione vi vado a presentare Andrea Zennaro

Ma andiamo ad approfondire meglio il discorso con questa chiacchierata che ho avuto modo di fare con lui.

RDN: Ciao Andrea, benvenuto e grazie per la tua gentilissima disponibilità!

AZ: Ciao Rosy e grazie a te!

RDN: Come nasce la passione per la musica?

AZ: Nasce quand’ero piccolino, alle elementari! Sono sempre stato affascinato da tutto ciò che profumava di arte e creatività. Ricordo che da piccolo amavo tantissimo il disegno, ci passavo le giornate, inventavo storie e le rappresentavo su carta. Durante le ore di musica a scuola invece ero ipnotizzato dalla tastiera, con tutti quei bottoni per far partire i ritmi, la possibilità di emulare i suoni dei vari strumenti…insomma, pensai che per fare musica quello sarebbe stato lo strumento migliore! (Almeno fino a quando non comprai il primo disco dei Guns ’n’ Roses :-)) Quindi ricordo che durante un viaggio dai miei parenti nel Veneto (Sono nato in Lombardia da papà Veneto e mamma Emiliana) intorno ai 9 o 10 anni, mio padre mi portò in un negozio di strumenti musicali a Venezia dove mi regalò una piccola pianola della Yamaha. Dunque abbandonai il disegno e le mie giornate finirono sui tasti bianchi e neri…sperimentavo tantissimo, registravo le mie idee su cassetta, davo i titoli alle canzoni, disegnavo copertine di fantomatici album, sognavo tante belle cose, come tutti i bimbi :-)

RDN: Sin da piccolo ti sei approcciato a vari strumenti musicali, come e quando hai capito che la tua strada era la chitarra?

AZ: Tramite amicizie di famiglia, ebbi la fortuna di poter frequentare settimanalmente una piccola sala prove del mio paese che si trovava presso l’associazione Noivoiloro. Per me era il paese dei balocchi! In quei pomeriggi di pre-adolescenza ricordo che imparai da solo a muovere i primi passi sulla batteria, il basso, la chitarra acustica…ma il passaggio definitivo a quello che sarebbe diventato il mio strumento “ufficiale” è avvenuto dopo aver ascoltato Appetite for Destruction e Use Your Illusion 2 dei Guns! Rimasi folgorato da tutto il disco, gli arrangiamenti delle chitarre, il suono gigantesco del rullante, il basso plettrato che si sposava divinamente nel mix…insomma, era chiaro che per fare i rocckettari avrei avuto assolutamente bisogno di una chitarra elettrica!!! :-)

RDN: Quali sono gli artisti che maggiormente sono fonte di ispirazione per te?

AZ: Ce ne sono tantissimi! come dicevo nella risposta precedente, il mio background è sicuramente il rock degli anni 80, con un occhio strizzato anche al 70. Guns, Mötley Crüe, Mr Big, Van Halen, Led Zeppelin e il blues di Stevie Ray Vaughan erano onnipresenti nel mio walkman di adolescente! Un pochino più avanti, alle superiori, iniziai a virare un po’ anche sul metal con Iron Maiden, Metallica, Dream Theater, Symphony X…solo con l’ingresso al CPM quando avevo 19 anni cominciai ad entrare nel vivo della musica “guitar oriented” e a conoscere i grandi virtuosi come Steve Vai, Satriani, Greg Howe etc. Tuttavia, il mio passato di “curioso” verso i diversi strumenti musicali mi ha sempre spinto verso una visione più ampia della musica, motivo che mi ha permesso e mi permette tuttora di apprezzare svariati generi e artisti senza fossilizzarmi per forza sulla musica prettamente chitarristica.

RDN: Tu sei uno di quei chitarristi che può suonare qualsiasi genere musicale, un po’ per il tuo enorme talento e un po’ grazie agli studi che hai fatto presso il CPM del Maestro Franco Mussida ma c’è un tipo di sonorità al quale ti senti più affine?

AZ: Ti ringrazio per questa bellissima considerazione, anche se mi sento in dovere di mettere un po’ tra virgolette il “qualsiasi”, per rispetto nei confronti della musica e dei musicisti ;-) Credo che alla fine, l’unica cosa che non è mai cambiata nel mio playing sia proprio la vena blues. È più forte di me, quando prendo in mano la chitarra è la prima sonorità che cerco, quella che mi fa dire “yeah questo è il mio sound!”. Poi certo, rock, metal, fusion, jazz, country, pop…mi piacciono un sacco tutti quanti, ognuno mi cattura per diversi aspetti ed é una cosa bellissima. Non riuscirei ad immaginarmi con il paraocchi, schiavo di un unico genere.

RDN: Parlando del CPM che ricordo conservi di quel periodo e dei tuoi insegnanti?

AZ: Conservo bellissimi ricordi sia dei miei insegnanti che dei miei compagni di corso, molti dei quali oggi sono stimati colleghi e amici! Il periodo del CPM é stato estremamente formativo, soprattutto le “mazzate” del grande Donato Begotti. Mi ha insegnato tanto, sia sulla chitarra che sull’atteggiamento in campo lavorativo. Ai tempi dovevamo essere impeccabili, sound pulito, a tempo perfetto, col tocco e il suono precisi per le svariate occasioni. Delle macchine da guerra insomma hehe…é stato bello, sentivo che stavo facendo una cosa importante per me stesso, ero molto gasato per tutto ciò che imparavo stando a contatto con grandi professionisti del calibro dello stesso Donato a strumento, Franco Mussida e Bebo Ferra durante il master sull’insegnamento, Massimo Colombo a musica d’insieme…e ovviamente tutto il resto dello staff scolastico con cui capitava sempre di fare 2 chiacchiere nei corridoi tra una lezione e l’altra.

RDN: Quando hai formato la tua prima band e soprattutto che ricordo conservi di essa?

AZ: Un tuffo nella preistoria, tra capelli cotonati, chiodi di pelle e locali fumosi hehe…la prima band si chiamava “Reaction”. Era il 1997, suonavo una Gibson Diavoletto nera, che da lì a poco permutai con il mio sogno rock dell’epoca: l’iconica Les Paul! I Reaction erano una band acerbissima ma con un gran potenziale! Scrivevamo pezzi inediti, tantissimi, eravamo una macchina creativa! Passavamo i pomeriggi dei doposcuola a comporre riff, a regestarli, creare arrangiamenti a 2 chitarre…facevamo hard rock, stile Guns, il sound era quello delle Gibson sparate a manetta nei Marshall, giocavamo a fare i bad boys e suonavamo i nostri brani Live allo storico Rock Sound Café di Merone (CO), locale dove abbiamo assaporato buona musica per tutta la nostra adolescenza. Nel 1998 vincemmo pure il primo premio al concorso “Emersuoni” dedicato alle band emergenti della provincia di Como, esibendoci su un grande palco in Piazza San Fedele. Ricordo che era tutto molto più alla buona, era sempre una festa, tanti amici, tante storie da raccontare…anni molto genuini!

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RDN: Nel corso della tua carriera hai avuto molte collaborazioni importanti, quali tra queste ti hanno formato come artista sul palco e quali conservi più nel cuore?

AZ: Come a molti colleghi musicisti, anche a me sono capitate svariate esperienze lavorative che hanno avuto un impatto decisamente formativo per la mia carriera. Ricordo con estremo piacere il Clubmed Tour nel 2010 con la Oops Band e Nicola Nite (Tazenda). Avevamo un repertorio vastissimo che adattavamo di serata in serata in base sia al pubblico che agli ospiti vip che accompagnavamo nel loro repertorio. Ci siamo divertiti un sacco, suonando quasi tutte le sere in vari resort a 5 stelle sparsi tra Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Ricordo che spesso ascoltavamo e trascrivevamo le parti dei brani da suonare in serata mentre viaggiavamo sul furgone da una regione all’altra. Non c’erano prove, doveva essere tutto “buona la prima”. Ho imparato tantissimo da quell’esperienza, soprattutto sulla gestione del palco, sul capire le intenzioni degli altri musicisti, stando sempre vigile sui cambi repentini di struttura/tonalità, entrando in assolo “a chiamata” all’occorrenza oppure accennando parti di canzoni a richiesta dal pubblico che poi si agganciavano a veri e propri medley. Altre bellissime esperienze formative Live sono state quelle in teatro con Paolo Barillari nel tributo a Gaber, poi quella con Michele Zarrillo, Francesco Sarcina delle Vibrazioni in orchestra di 40 elementi…Poi con Mauro Pina al Teatro Ariston di Sanremo, il duetto con Kee Marcello degli Europe e Ken Sandin (in cui non ero stato avvisato dell’accordatura un semitono sotto e ho dovuto trasportare al momento le parti hehe…) l’apertura della tappa svizzera del Clinic Tour di Kiko Loureiro dei Megadeth…insomma, il Live è sempre fonte di grande crescita per un musicista!

RDN: Tra le tue collaborazioni compare anche Paolo Barillari, noto soprattutto per il Musical dei Queen “We Will Rock You” di Brian May e Roger Taylor, come è nata questa collaborazione?

AZ: Paolo é un grandissimo artista, un personaggio che ha dato e dà costantemente la sua vita al palcoscenico e alla scrittura! La collaborazione con lui ebbe inizio nel 2005. Paolo stava per entrare in studio per la registrazione del suo Musical “Diglielo a tutti”. Il talentuosissimo Gianluca Ferro, che a quei tempi collaborava come chitarrista con lo studio, non potendo seguire il lavoro delle registrazioni, mi chiese se avessi voluto occuparmene io. Così iniziai un progetto che si rivelò super stimolante, incidendo 25 brani di chitarre acustiche, elettriche e soliste. Successivamente registrai anche altri brani inediti di Paolo, lavorando sugli arrangiamenti del bravissimo Mauro Abbatiello (produzioni Rai, Mediaset) durante gli anni abbiamo continuato a collaborare portando in teatro varie volte “la parola al signor G”, spettacolo interamente dedicato al cantautore Giorgio Gaber.

RDN: Come tanti tuoi colleghi hai all’attivo diverse esperienze con cover band, parlaci di queste esperienze a quale sei più legato?

AZ: Suonare in cover band é un’esperienza estremamente importante per un musicista. Io ho avuto la fortuna di vivere in pieno il periodo di Boom del panorama cover. Nei primi anni 2000 con gli EX OUT eravamo della scuderia della Jam For Live facendo 12/13 date al mese nei clubs di serie A di Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli, Liguria, Emilia Romagna…credo di aver fatto fino ad ora circa un migliaio di concerti, dai piccoli clubs con max. 200 persone fino alle piazze gremite con 10.000. Ogni serata ha la sua storia, i suoi aneddoti divertenti e non, se guardo indietro vedo un sacco di bei momenti condivisi con amici musicisti in giro dappertutto, migliaia di chilometri macinati, milioni di corde cambiate alle chitarre, tetris di amplificatori, tastiere, tamburi nel bagagliaio…in questo particolare periodo storico, l’assenza di tutto ciò crea un grande nodo in gola.

RDN: Oltre al palcoscenico ti sei dedicato all’attività didattica e hai aperto con altri colleghi musicisti una scuola di cui sei direttore che si chiama “Pianeta Musica School”, cosa ti ha spinto verso questa scelta?

AZ: Ho sempre avuto la passione per l’insegnamento. Facendo un passo indietro, ho sempre avuto (e ho tuttora) la passione per la comprensione profonda delle cose. A mio avviso, comprendere a fondo i meccanismi che si celano dietro al “prodotto finale” é il modo migliore per tracciare un corretto percorso step by step verso il risultato. Un bravo insegnante é colui che, oltre alla competenza, é in grado di fare questo. Creare percorsi comprensibili e praticabili per ogni tipologia di allievo. L’insegnamento oltretutto é il modo migliore per tenersi sempre allenati, per fissare concetti che altrimenti verrebbero accantonati e, con tutta la fantastica musica strumentale che nasce tutti i giorni da ogni parte del globo, é un ottimo metodo per stare sempre al passo coi tempi, migliorarsi, apprendere nuovi linguaggi e successivamente trasmettetegli ai ragazzi. Insegnare è un po’ come gettare i semi per un futuro migliore. I giovani hanno bisogno di contenuti, di bellezza, di profondità. A propinargli la superficie ci pensa già il panorama mainstream. Noi lavoriamo prevalentemente sulla dark side of the music :-)

RDN: Puoi darci tre consigli che per te sono basilari per chi vuole imparare a suonare uno strumento?

AZ: Certamente! Il primo consiglio é quello più importante, soprattutto considerando che viviamo nell’era del “tutto e subito”. Il must dell’apprendimento é assolutamente il non avere fretta. Suonare uno strumento richiede lo sviluppo di un mix molto articolato di vari aspetti, dai meccanismi di movimento, microcoordinazione, memoria a breve, lungo termine e procedurale, comprensione di concetti teorici e conseguente applicazione pratica, studio dell’armonia, capacità di comunicazione, visione d’insieme, fino alla conoscenza dei suoni e degli strumenti atti a riprodurli…insomma, la musica é un linguaggio a tutti gli effetti e ci vuole il giusto tempo e la giusta dedizione per iniziare a padroneggiarlo. Il secondo consiglio, sempre per riagganciarmi al periodo storico del “pappa pronta”, é quello di non restare intrappolati nell’enorme quantità di didattica disponibile sul web. Se é vero che l’avvento di internet ci ha fornito un sacco di perle che negli anni passati sarebbe stato impossibile anche solo immaginare, é altrettanto vero che il nostro cervello non é programmato per gestire una quantità simile di informazioni e la diretta conseguenza é che si fa fatica ad individuare un percorso preciso e sviscerarlo in tutti i suoi aspetti. Pensiamo a quante volte ci capita di dover scegliere un film o una serie TV su Netflix e ci ritroviamo ad aver passato la serata a leggere trame e guardare trailers. Ecco, questo é ciò che succede quando le info a disposizione sono troppe. Senza contare che, come ci insegnano i mercati (e non solo), più é ampia l’offerta, più il prodotto si svaluta. Quindi il mio consiglio é quello di affidarsi ad un bravo insegnante che sia in grado di stilare un percorso personalizzato fatto su misura, in base all’attitudine e agli obbiettivi di ognuno. Il terzo consiglio é quello di ascoltare e suonare tanta musica diversa e di non chiudersi nel proprio strumento. Il più grande motore della crescita é la curiosità. Mettere le mani su un pianoforte può aiutare moltissimo nella comprensione dell’armonia, dell’interazione tra i suoni. Semplicemente perché le note sono più accessibili ed individuabili rispetto alla chitarra, che ha uno stampo più “meccanico”. Comprendere il funzionamento di una batteria é utilissimo per imparare ad avere groove e a costruire un fraseggio ritmicamente più accattivante. Conoscere il basso ci aiuta a comprendere che non dobbiamo sempre e per forza “riempire” con la chitarra ma spesso bastano poche cose nel range di frequenze giusto…oltretutto, ascoltare sonorità diverse può essere molto stimolante per la ricerca di nuovi spunti compositivi. I fraseggi costruiti sul sassofono, se riportati sulla chitarra, possono aprirci mondi favolosi (Frank Gambale docet).

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RDN: Tornando all’attività di musicista nella tua carriera hai in curriculum diverse esperienze di musica inedita, parlaci di esse…

AZ: Scrivere musica inedita é semplicemente fantastico. È il motivo per cui ho iniziato a suonare, anche se devo ammettere che, da quando la musica é diventata il mio lavoro ho accantonato un po’ l’aspetto compositivo a causa degli innumerevoli impegni in ambito didattico e live cover. Ciononostante ho sempre portato avanti le registrazioni di miei brani strumentali e non. Ho moltissimo materiale in cantiere e molti di questi brani sono finalmente riuscito a portarli Live con la mia band durante il travagliato 2020!

RDN: In questa strana estate sei riuscito comunque a fare dei live con il tuo progetto di inediti che prende il nome di Andrea Zen Band, come è nato questo progetto e soprattutto che riscontro hai avuto dal pubblico?

AZ: Ho scelto l’anno migliore per far partire il mio progetto inedito ahah… Scherzi a parte, é nato tutto dai bilanci di fine decennio! Sai, mi sto avvicinando ai 40 e mi sono accorto di avere decine di brani inediti nel cassetto, in attesa di chissà cosa…quindi ho deciso di provare timidamente ad uscire allo scoperto, grazie soprattutto alle persone di Mauro Pina e Patricia Stancich dell’agenzia di spettacolo DreamCastle, le quali hanno creduto tantissimo in me e nella mia musica e si sono occupati dell’organizzazione (per quello che la pandemia ci ha concesso) di diversi concerti durante l’estate e interviste per promuovere i miei lavori. Il riscontro del pubblico é stato fantastico e, non me lo aspettavo!! Nella nostra scaletta sono presenti moltissimi brani di musica strumentale inedita, più qualche cover rock storica cantata, per spezzare un po’ l’atmosfera di concentrazione che inevitabilmente si crea durante una performance strumentale. Devo dire che la partecipazione del pubblico che di solito mi conosce per la mia attività coi Noxout, mi ha riempito il cuore. Mi ha fatto capire che la mia musica “arriva” e questa cosa mi sta spingendo (sempre pandemia permettendo) a lavorare con più motivazione su nuovo materiale inedito!

RDN: Quali sonorità troviamo nei tuoi brani da solista?

AZ: Bella domanda! :-) Troviamo tutto il mio percorso di crescita musicale e personale, dai 20 anni fino ad ora…ci sono brani molto tecnici di stampo rock metal come Rock Force, scritta quando avevo 21 anni, in pieno periodo “too many notes”, fino a brani più introspettivi dal carattere blues e fusion, passando per sonorità psichedeliche con suoni di tastiera elaborati e ritmi complessi…molto altro poi é in arrivo ?

RDN: Domanda che facciamo praticamente a tutti gli artisti, come vedi il panorama musicale attuale?

AZ: Devo rispondere seriamente? ahah… In Italia lo vedo malissimo, per ovvi motivi. La musica “suonata” ha sempre meno appeal sui giovani, a favore del fenomeno trap che ha ormai monopolizzato il mercato e i cervelli dei ragazzi. Come musicista ma soprattutto come padre di due splendidi bimbi, la cosa non può che rattristarmi. Sento che nel nostro paese si sta perdendo la bussola, non solo in campo musicale, anche ai vertici dello stato. C’é una deriva culturale senza precedenti, un mercato del pesce dilagante…per fortuna in campo chitarristico (ma non solo) dall’estero arrivano progetti estremamente interessanti. Adoro il giovane australiano Plini con la sua superband, il playing emozionante di Mateus Asato, il talento mondiale di Jacob Collier, band da mascella per terra tipo Arch Echo, Dirty Loops, Snarky Puppy, Vulfpeck, più un ritorno delle atmosfere cyberpunk che strizzano l’occhio agli anni 80 con Scandroid o Synthwave…insomma, credo che stia molto a noi insegnanti portare la buona musica sulla “tavola” dei ragazzi.

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RDN: Collegandoci alla domanda precedente e considerando la pandemia in corso e di conseguenza lo stop del tuo settore lavorativo, quali sono i tuoi pensieri guardando al futuro?

AZ: Qui si potrebbero aprire parentesi graffe, quadre e tonde… Cercherò di riassumere. Quello che sta succedendo nel nostro paese (più che in altri) é di una gravità incredibile. Il nostro settore (come tutto ciò che é stato classificato da qualche task force di menti brillanti come “non necessario”) é stato praticamente spazzato via. Persone che ci hanno messo una vita per costruire e consolidare la propria professione si sono viste demolire tutto. Questo non può essere tollerabile sul lungo periodo. Se ci pensiamo, il mondo ruota totalmente attorno al “non necessario”. Perché il “non necessario” rappresenta il senso della vita stessa. L’uomo é un animale sociale, ha bisogno di condividere, di avere contatti con i suoi simili, di viaggiare, di sperimentare, di emozionarsi, di amare, di ridere, di abbracciarsi, di stare bene insomma. Queste cose sono ASSOLUTAMENTE necessarie e dovranno per forza tornare ad esistere. Un futuro chiusi in casa di fronte ad una webcam non so proprio chi lo desideri. Anzi lo so, basta guardare i titoli in borsa per capirlo. Tuttavia, una volta terminata questa emergenza sanitaria il nostro settore dovrà ripartire dalle macerie e sarà compito nostro cercare di ricostruirlo con regole differenti. Come abbiamo ben visto, il nostro lavoro é stato considerato come inesistente. Almeno fino a quando non arriva la dichiarazione dei redditi da pagare. Lì esistiamo eccome.

RDN: In base alla tua esperienza, cosa ne pensi dei giovani ragazzi che si approcciano alla musica? Potresti dare loro qualche consiglio utile per poter fare il musicista di professione?

AZ: Penso che prendano le cose un po’ sottogamba. Mi spiego meglio, il modello societario ci sta mostrando che si può uscire dal grande fratello e trovarsi a ricoprire ruoli importanti nelle istituzioni, che i ministri non sono specializzati (e spesso nemmeno laureati) nel “proprio” campo (I MINISTRI, cioè…) che basta essere multimilionari per diventare presidenti degli Stati Uniti d’America, che dall’account Instagram del Papa (non immaginavo nemmeno che il Papa avesse un account Instagram!) partono i likes alle modelle brasiliane e per finire, che i cantanti non sanno cantare 2 note senza autotune ma siedono sulle poltrone di format televisivi in cui devono giudicare gente che nella stragrande maggioranza dei casi li “mette via” solo coniugando due verbi. Bè, non c’é da stupirsi se ci si senta musicisti professionisti perché si fanno molte visualizzazioni su YouTube. Il mio consiglio é quello di non gettarsi in pasto ai social e di non diventare “Like dipendenti”. Internet é un mezzo molto potente per farsi conoscere, tuttavia il mercato é già davvero saturo di qualsiasi contenuto e questa cosa crea una barriera psicologica incredibile verso la realizzazione dei nostri obbiettivi. Ecco perché non é mai conveniente diventare i cloni di qualcuno. Cercare di crearsi un proprio stile, di essere riconoscibili, di apprendere più linguaggi possibili e miscelarli per creare il proprio. Non é facile lo so, però la musica non si ferma mai e, se é nata la trap e ha avuto tutto questo successo, può nascere sicuramente anche qualcosa di più interessante.

Andrea Zennaro

RDN: Per concludere, hai nuovi progetti in cantiere che puoi anticipare senza rovinare il gusto della sorpresa?

AZ: Certo! Nel breve periodo pensavo di entrare in parlamento con una cintura esplosiva, poi nella prossima incarnazione vedremo ahah… Scherzi a parte, sarà bello rileggere questa intervista tra un annetto, giusto per vedere che cosa si sarà effettivamente smosso. Diciamo che la priorità ora é rimettere in piedi il “carrozzone”. Tornare a pieno regime con la scuola di musica, la sala prove, le jam sessions coi ragazzi, i concerti nei locali, gli eventi estivi all’aperto (quanto mi mancano le feste della birra!!!) e poi entrare in studio di registrazione con la band per incidere il mio disco solista. Quest’inverno avrei dovuto anche portare i miei brani in una tournée teatrale, purtroppo come ben sappiamo é tutto fermo. Ci saranno sicuramente tempi migliori, nel frattempo si approfitta per studiare, migliorarsi, comporre, incidere, cambiare pannolini marroni e giocare ai supereroi :-)))

RDN: Grazie Andrea, per la tua disponibilità e ti aspettiamo quando avrai nuove cose da proporci.

AZ: Grazie a te per la chiacchierata e sicuramente tornerò a trovarvi appena ci sarà occasione!

Bene come avete potuto notare il sacrificio e lo studio unite alla passione oltre che al talento ripagano sempre anche se questo periodo storico che stiamo vivendo non è certo il migliore per chi della musica ne fa una professione.

Non mi resta che invitarvi ad andare a visitare i suoi canali social ovvero:

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Per concludere, so che molte persone nel leggere la mia introduzione diranno “sei di parte” ma che ci posso fare, quando ho la fortuna di conoscere personalmente dei talenti puri ed enormi mi piace farli scoprire alle persone che conosco e in questo caso a voi che seguite Almax e a tutti i suoi progetti collaterali. Poi se ci pensate bene in questo periodo storico pandemico una delle poche cose che ci è rimasta per non finire in depressione è proprio la musica che purtroppo è fortemente penalizzata e sta a tutti noi il compito di sostenerla visto che chi ci governa l’ha completamente dimenticata oltre ad averla messa in un angolo con la scusa degli assembranti e di conseguenza rischio contagi.

Mi resta solo di invitarvi ad ascoltare i suoi brani inediti e quando ci sarà occasione di andare a sentirlo con la sua cover band per rendervi conto da soli, che quando dico che è uno dei migliori chitarristi che ho avuto il piacere di conoscere oltre ad avere avuto modo di instaurare un bel rapporto di amicizia, dico semplicemente la verità.

Con questo vi saluto e alla prossima!

Grazie da Almax Magazine per la cortesia e disponibilità. Con affetto e stima!