FEBBRAIO 2021 LINDA EDELHOFF "LA BELTA' DEL ROSPO" A CURA DEL MAESTRO PHILIPPE LEON

Linda Edelhoff è una scultrice italotedesca, nata a Iserlhon nel 1975.

Laureata in scultura all'Accademia di Belle Arti è attualmente insegnate di discipline plastiche.

Realizza sculture in cui sovrappone e assembla altri materiali quali: tessuti, resine, metallo e cemento. In ogni sua scultura, il lato emotivo del fruitore viene immediatamente coinvolto con forza. Le Figure in terra cotta bianca partono da una sorta di iperrealismo che sfocia nell’ immaginario fantasy.

Le sculture di Linda Edelhoff Colpiscono per una particolarità: rospi che si poggiano pigri e morbidi sul capo, sulle spalle, sulle labbra di corpi femminili e a volte maschili.

Il rospo estrapolato dalla fiaba del principe ranocchio rappresenta la metafora dell’amore, che è poi la chiave di lettura di ogni sua scultura. L’anfibio è il narratore che racconta grandi storie d’amore, poggiato al petto metaforicamente si sostituisce al battito del cuore, descrivendo la condizione umana, vale a dire i sentimenti e le emozioni.

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Linda Edelhoff realizza sculture che descrivono l’ universo femminile. Donne passionali, fragili e forti, che si svestono di abiti velati paragonati simbolicamente a rimorsi di vita, donne che comunque restano dignitosamente fedeli a se stesse.

Il rospo è una figura simbolica che denuncia il bisogno della comprensione, della condivisione, della speranza. E’ il pensiero continuo dell’uomo che cerca l’amore.

Le sculture di Linda Edelhoff presentano superfici a tratti lisce e ruvide ed è grazie a queste variazioni materiche che le sue opere sembrano molto fedeli alla realtà anatomica e fisica.

Dalle mani la tensione artistica ed emotiva si trasporta con accurata precisione all’argilla, creando figure armoniose di carattere esprimendo così espressionisticamente ogni stato umorale ed esistenziale possibile.

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“Le bambine giocavano con le bambole, io giocavo con la terra”.

E’ una sua affermazione, sin da bambina la terra come primo “giocattolo” la materia principale utilizzata per creare più o meno consapevolmente i suoi primi bozzetti.

“Oggi nel mio laboratorio è il mio diario, la mia valvola di sfogo, è la materia malleabile in cui si assorbono i miei pensieri più personali. Le mie sculture sono attori e attrici che recitano ciò che io desidero raccontare, sono figure che osano dire ciò che rimane in silenzio.

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Sono storie di amanti e di amori dello stesso o di diverso sesso, sono storie di vita vissuta, dove posso raccontare molto o poco o lasciare che sia lo spettatore a sentirsi protagonista di queste storie”.

“Mi ricordo che da bambina mio padre era solito raccontarmi una fiaba prima di addormentarmi. Tra le tante una in particolare mi colpì maggiormente. “Il Principe Ranocchio” fiaba tedesca dei Fratelli Grimm che racconta dell'amicizia tra un ranocchio e una principessa. Quello che maggiormente catalizzava la mia attenzione era la fragilità di questo piccolo anfibio.

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Ascoltandola dalla voce di mio padre capii che nell'immagine del ranocchio che cercava un’interazione con la principessa vi era il senso della supplica, della fragilità di un essere che cercava nella bellezza una sorta di redenzione dal suo stato. Un rospo rugoso e viscido suscita rifiuto e assurge a metafora di esclusione, inadeguatezza finanche alla non accettazione di se stessi.

Nella fiaba infatti , la principessa inizialmente instaura un dialogo con il ranocchio, il quale l'aiuta a recuperare una palla dorata finita in fondo allo stagno. Ma una volta recuperata la palla d'oro questa promessa di amicizia rimane delusa. Infatti la principessa non più tollerante ma anzi irata dalla presenza del ranocchio, in uno scatto nervoso scaravento lo sventurato esserino al muro, ma alla vista del ranocchio esanime lei scoppia in un pianto disperato e tenendolo vicino ad essa si addormenta. Al suo risveglio la principessa scopre che accanto non vi è più un ranocchio ma un fiero e bellissimo principe, ormai sciolto da un malvagio incantesimo grazie alle sue lacrime. E' una fiaba che presenta molte immagini metaforiche.

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Chi non la conosce nei dettagli ricorda solo un magico bacio che tramuta il ranocchio in un bel principe. In realtà nella fiaba originale tedesca non c'è alcun bacio, ma nelle innumerevoli traduziuoni e nella popolare trasposizione “Disneyana” è stata un po' addolcita per renderla più popolare. Ho voluto adottare la variante romantica del bacio per eleggerla a simbolo dell'amore universale. Il bacio essenza dell'amore stesso, senza distinzione di sesso, l'amore di un marito, l'amore di una madre verso i figli,  l'amore che vive nel ricordo di una vedova, l'amore magari unico nel ricordo adolescente di un bacio rubato, l'amore senza età che vorrebbe essere compreso, l'amore illogico che nasce improvvisamente per una chimica sconosciuta, l’ amore per la vita e per chi si aggrappa fortemente alla vita. Nel silenzio del mio laboratorio la mia fantasia si scatena e cerco di raccontarvi l'amore universale attraverso le mie mani”.