GENNAIO 2021 "INTERVISTA A MARCO LIGABUE" A CURA DI ELISA PELLEGRINO

Ciao Marco e benvenuto su Almax Magazine.

I 50 anni sono una sorta di “giro di boa”, potremmo definire il disco Tra via Emilia e Blue Jeans, uscito il 30 ottobre 2020 (distribuzione Artist First), una specie di “riassunto” della tua vita?

“Ma sì, dai diciamo che siccome la musica è stata centrale, io quest’anno ho fatto cinquant’anni  e ci tenevo festeggiarli alla grande, il 16 maggio, giorno del mio compleanno, volevo fare una grande festa a Correggio, in Emilia, con tortelli, lambrusco e rock & roll ma non è stato possibile causa il covid, però ho detto la festa la faccio lo stesso con la mia musica, con le mie canzoni più significative, quindi ho scelto i brani che per me erano rappresentativi, qualcuno l'ho rivisitato, ho scritto qualche inedito e devo dire che nel riascoltare tutte queste canzoni insieme è stato come rivivere i miei cinquant’anni.”

Così hai presentato il disco: «I miei primi cinquant’anni sono stati pazzeschi: zeppi d’amore, di canzoni e di palchi rock’n’roll. Da quando scrivevo canzoni e facevo il chitarrista, anche per paura di mettermi davanti a un microfono, fino a quando ho trovato il coraggio di cantare e, sono rinato artisticamente, è stato un incredibile viaggio nella musica. Tale viaggio meritava di essere messo nero su bianco. In questo album trovate le mie canzoni più amate e tante sorprese, parola di uno cresciuto “tra via Emilia e blue jeans”.» Cosa significa questa espressione “cresciuto tra via Emilia e blue Jeans” esattamente e perché l’album si chiama così?

“Quando ho pensato al titolo del disco, a come raccontare in una frase, in un titolo, cinquant’anni, mi è venuta questa citazione da Francesco Guccini, che è stato uno dei miei grandi maestri; lui ha scritto “Tra la via Emilia e il West”, ed io quando ho ripercorso i miei cinquant’anni,  ho rivisto proprio nel DNA un emiliano fino al midollo, mi sento emilianissimo in tutto quello che faccio, però ho una vena più rockettara rispetto a Francesco Guccini, ho sempre avuto il rock nel sangue e quindi l'abbinamento di questi due elementi, “dell’emilianità e del rock”, mi raccontavano al meglio e quindi ho scelto questo titolo per il disco.”

Il disco comprende le tue canzoni più importanti (Altalena, Vado a caso, Quante vite hai, Ti porterò lontano, Ogni piccola pazzia, Sei quella per me, La differenza, La vita perfetta, Dentro, Non è mai tardi, Tra via Emilia e Blue jeans) più delle ghost track (Margarita, Dimmi, Rocker Emiliano, Cuore onesto, Fare il nostro tempo (Live), “Audiolibro (preview)” ) a quale di queste canzoni sei più legato?

“Essendo una raccolta è difficilissimo, già è stato difficile scegliere queste 16, sceglierne addirittura una è ancora più complesso;  diciamo che siccome ogni canzone raccontava un momento della mia vita, un momento d’amore, un momento di un'emozione particolare, adesso ti citerei l'ultima che ho scritto perché racconta quello che è il mio momento attuale, ovvero quello di “rivivere” 50 anni in un botto e l'ho fatto proprio nelle title track, Tra via Emilia e Blue Jeans, raccontando nel testo proprio alcune delle cose più significative che mi sono capitate nei cinquant'anni e dicendo che ci sono sempre state le canzoni a farmi compagnia, a farmi da colonna sonora alla mia vita .”

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Per quale motivo hai inserito una preview di un audiolibro? E’ un progetto futuro?

“Forse questa è una cosa che ho fatto solo io o almeno io non l'ho mai vista fare da altri.  Io con il Covid, essendo rimasto a casa come tanti e, avendo dovuto rinunciare a tutti i progetti live previsti per quest’anno, ho cercato di trasferire tutta la mia creatività prima nella canzoni e poi in un libro che non era in programma; mi son messo lì, essendo a casa, carta e penna, racconto dopo racconto, vedevo che cresceva la voglia del mio primo scritto e sono arrivato alla fine proprio un mesetto fa, l'ho finito, l'ho consegnato a un editore, a lui è piaciuto tantissimo e mi ha detto che usciremo a inizio del prossimo anno; però gli ho chiesto se potevo dare un piccolo “assaggio” a chi mi segue, così ho letto un estratto di quando faccio il primo concerto con la mia prima band e ho voluto dare questo “regalo” a chi compra il cd o il vinile.”

E quindi abbiamo una “piccola anteprima” diciamo.

“Esatto, questa è  proprio un’anteprima”.  [N.D.R. Il libro ha subito un piccolo ritardo, al momento dell’intervista sarebbe dovuto uscire verso gennaio ma uscirà probabilmente nella primavera 2021].

Il video del singolo, Tra via Emilia e blue Jeans, è ambientato in montagna, ti vedi mentre passeggi solo tra la neve nel bosco, o nella baita mentre scrivi e riguardi fotografie del tuo passato…

La canzone altro non è che un racconto di “attimi” preziosi vissuti e condivisi col mondo…c’è anche un “richiamo” a tuo fratello, infatti dici “…mio fratello che balla sul mondo, tutta l’Italia si accorge di un borgo e, mentre mi passa la chitarra e fandango, sono 50 volati in lampo…” : puoi raccontarci com’è nata la canzone e perché avete deciso quella location come ambientazione per il videoclip?

“Guarda la canzone è nata proprio in extremis, ad agosto avevo sistemato la raccolta, avevo deciso le canzoni, avevo inciso le tracce nascoste, riarrangiato alcune cose, con tutta la scaletta sotto controllo, ma sentivo che mancava una canzone, mancava un “racconto” di un pezzo della mia vita, mancava un puzzle col “racconto” di questi 50 anni, mancava una canzone che “racchiudesse” tutto questo, così mi sono messo lì con la mia chitarra e, come ti dicevo prima, ho cercato nelle strofe di raccontare alcuni dei momenti più significativi della mia vita, anche i primi che mi tornavano in mente, tipo mi ricordavo bambino nella balera dei miei genitori , o di quando ho preso la bici di corsa per andare a prendere il primo bacio a 70 chilometri da Correggio, di quando prendevo le prime cotte per le ragazze, di quando ho iniziato a tifare Torino o del primo stadio dove ho visto il primo concerto degli U2, o quando mio fratello ha iniziato a cantare e tutta l’Italia si è accorta di un borgo. Ho voluto raccontare alcuni flash nelle strofe e nel ritornello ho voluto dire che c'erano sempre delle canzoni a farmi compagnia, a farmi da colonna sonora e, sono sempre stato uno che “guardava il sole in faccia”, ho sempre cercato le cose belle, l’allegria, la leggerezza, se “davo le spalle al sole” era solo per una luna da guardare.

Questa è stata la modalità con cui ho scritto in pochissimo tempo quella canzone e di cui sono molto contento.

E quando ho pensato al video la prima idea è stata quella di girare un video sotto i portici a Correggio, lungo la via Emilia, nelle zone nostre, ma poi mi sembrava fin troppo banale, troppo scontato, didascalico.

Poi ho deciso di portare con me le foto più significative di quello che avevo raccontato nella canzone e di andare in un posto isolato da tutto e “di guardarmi da fuori”,  così  ripensando ai miei 50 anni da un posto lontano forse i ricordi arrivano ancora più amplificati, ancora più belli e, mi son ricordato della Val di Fassa, di questo posto magico che sembra fuori dal tempo degli spazi e sono andato con un videomaker locale, siamo stati là un paio di giorni proprio in quella baita, a riguardarci le foto, ad accendere la stufa, a girare tra i boschi, a  ripensare alle cose belle che sono questi miei primi 50 anni.”

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Il borgo che tu nomini nella canzone è la cittadina di Correggio, tuo paese natale: è il tuo posto sicuro? Hai deciso di continuare a vivere lì perché in qualche modo ti senti “protetto”?

 “Il borgo a me piace tantissimo e ne sono innamorato per un paio di motivi: mi sento un emiliano fino al midollo come ti dicevo prima, quindi io in Emilia ci sto bene per tanti motivi, anche perché caratterialmente  sto benissimo con gli emiliani, ho sempre un legame con la mia terra e poi ti dirò che Correggio a me piace perché è un paesino di 26000 abitanti che è la giusta misura per me, per la vita che faccio però.

Adesso voglio raccontarti questo perché, se escludiamo un attimo quest'anno, io negli ultimi otto anni ho fatto 600 concerti quindi sono stato più via da casa che a Correggio e quando vi tornavo per me Correggio era “il posto del ritorno”, era il posto del ritrovo con gli amici e, nel rivedere la mia terra, la mia nebbia e ritrovando le cose di sempre di quando ero ragazzino, mi piace tantissimo. Non so invece se facessi una vita diciamo più semplice, più “normale”, da classico impiegato con le 8 ore tutti i giorni, non so se Correggio sarebbe “il mio posto sicuro”, ma per questo bisognerebbe fare un’altra vita per capirla.”

Di certo ti avranno fatto questa domanda tantissime volte e ti sarai anche stancato di sentirla, ma l’esser fratello di Luciano è stato più un “peso” o più “un vantaggio”? Il cognome è per alcune cose un “fardello” pesante…

“Per me questo cognome non è mai stato un peso, io sono orgoglioso del cognome che mi ha dato mio padre e anche per il fatto che ho un bellissimo rapporto con Luciano con cui condividiamo questo cognome.

Diciamo non è mai stato un “peso”, fino a 8 anni fa , prima che partissi da cantautore, mi “intimoriva” lanciarmi come cantautore, perché dicevo che avendo un fratello così famoso, fare la stessa cosa mi sembrava una roba non giusta, non so non mi tornava, non mi dava la spinta e quindi ho fatto per tanti anni il chitarrista-autore in varie band, dove avevo un ruolo diciamo più “marginale”.

Poi però da quando son “partito” da cantautore  ho messo da parte questa “paura” , ho capito che era “il momento di lanciarsi” e mi sono esposto di più, perché prima ero Marco Ligabue il chitarrista de “I Rio”  o dei “Little Tower” adesso sono Marco Ligabue il cantautore.

Ci sono vari aspetti, positivi e negativi, nel senso che ovviamente il mio cognome muove curiosità e questo è un aspetto positivo, se fossi uno “sconosciuto” non lo muoverebbe inizialmente; dall’altro ovviamente muove dei pregiudizi, come quando sei “il figlio di”, la gente tende a pensarti come quello “meno bravo, quello raccomandato, tanto quello non sarà mai come l’altro,”  così anche senza ascoltare quello che fai.

Però ho visto e capito un po' di cose in otto anni e, alla fine contano le canzoni e i concerti.

Se tu fai delle belle canzoni che comunque arrivano al pubblico e fai dei concerti dove fai star bene il pubblico è lì che resta solo “l’emozione della musica” e “l’esser figlio o il fratello di” sparisce! ”

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Diciamo che nella tua risposta hai anticipato un pochino un’altra mia domanda, perché infatti volevo chiederti quando hai sentito “l’esigenza” appunto di passare da  "un semplice chitarrista a un cantante”,  quindi a metterci la faccia ? Quando è nata proprio questa “esigenza” di cantare, di metterti in gioco, di fare sentire le tue cose ma mettendoci la tua faccia?

 “Come dicevo è stato 8 anni fa, io arrivavo da un periodo bellissimo con I Rio, dopo 10 anni, eravamo anche all’apice del nostro momento, avevamo appena riempito l’Alcatraz di Milano facendo un sold-out, per noi era un punto d’arrivo, dopo tanti anni assieme, dopo quattro dischi, ma sono state una serie di cause secondo me che hanno inciso a farmi fare questo passo.

Uno di questi forse perché sentivo anche che con I Rio più di così non so cosa avrei potuto dare, quindi sentivo di aver raggiunto l’apice e forse era il momento giusto per “appendere le scarpe al chiodo”per quel progetto.

Poi in quel periodo avevo compiuto 40 anni, son diventato papà e quello mi ha fatto cambiare anche come persona, perché da quel momento smetti di esser solo “figlio” ma diventi “genitore” e qualcosa in te cambia e in quei giorni, in quei mesi, mi stavano “arrivando”  delle canzoni nuove che avevano un taglio meno da band ma più cantautorali quindi sono stati questi ingredienti che mi hanno fatto proprio “cancellare” la paura di mettermi davanti al microfono a cantare: mi son detto ma io adesso scrivo le mie canzoni, ho fatto vent'anni di band, mi sento oramai un uomo che vuole raccontare le proprie cose con la propria voce, e questo mi ha fatto fare questo passo e ovviamente l'ho voluto sottolineare con il primo brano che si chiama Ogni Piccola Pazzia,  perché ho detto se non è una “piccola pazzia” questa, lanciarsi da cantautore, fratello di Luciano, a 42 anni...è stato proprio “quel momento” che ha segnato questo mio esordio.”

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In questo momento così “complicato” per il mondo della musica a causa di questa pandemia, quanto è importante la comunicazione tramite internet con i propri fans?

“Penso tantissimo. Io ricordo benissimo soprattutto le prime settimane di lockdown di marzo, quando Conte fece quell’annuncio…

Passato poi lo stordimento iniziale, per capire cosa stava succedendo, ci siamo un po' tutti rimboccati le maniche per cercare di ricostruirsi una vita anche da casa lontano e distanti.

Io ho cominciato a fare qualche diretta in quel periodo, così per scambiare due parole, rispondendo a qualche domanda, suonando qualche brano voce e chitarra in acustico, ho visto che la cosa era molto apprezzata, hanno cominciato a scrivermi “grazie”, “fallo tutte le sere”, “quando ci fai la prossima diretta”, e ho avuto proprio la sensazione che, se all'inizio era un modo mio per fare qualcosa mentre ero a casa, poi è diventata un’esigenza anche da parte di chi mi seguiva.

La musica probabilmente ha un potere su di noi, su certe corde emotive, che ci fa star bene, ci fa riflettere, ci fa vivere dei momenti di nostalgia, altri di leggerezza; ognuno poi si cerca le proprie canzoni e i propri cantanti in base ai propri gusti e in base al momento e, questo lockdown, forse l’ha messo ancora di più al centro perché si è capito come la musica possa farci star bene.”

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Marco, siamo arrivati all’ultima domanda di questa nostra “chiaccherata”…. La musica offre una via di fuga dalla realtà, suonare uno strumento “aiuta” lo spirito e, in questo periodo così difficile, è una medicina… La musica da sempre ci aiuta ad esprimerci, a trasmettere emozioni, a superare un momento, ma oggi questa “medicina” è vietata, non si possono fare lezioni di musica in presenza, non si possono fare prove di canto, non si può assistere ad un concerto: se avessi il potere di permettere che la Musica torni a “suonare liberamente”, senza divieti di nessun tipo, cosa diresti?

“Ma io non vedrei l'ora…diciamo però che per farla “liberamente” vorrebbe dire che questa pandemia ce la siamo lasciati alle spalle completamente…

La musica dal vivo sta mancando tantissimo,  sta mancando a noi cantanti, ai musicisti, a tutti i tecnici che ancora più di noi sono a casa senza lavoro, senza neanche tante cose da fare. Noi cantanti ci stiamo “tenendo vivi” con le canzoni, con i social, ma un tecnico cosa può fare? Accordare una chitarra in diretta? Ma la musica manca tantissimo anche alla gente, ad inizio anno di solito si comprano i biglietti per vedere l’artista che piace e quell’anno è come se prendesse “vita” diversamente, come se solo per “quel fatto” l’anno fosse già bello… e in questo momento “di incertezza” questa cosa sta mancando tantissimo…

Quindi voglio essere ottimista, voglio sperare che questa notizia sul vaccino venga confermata, che a gennaio, febbraio cominciamo la campagna di vaccinazione, che così da primavera pian piano, magari facendo i primi live, con qualche regola per fare una transizione, non “il liberi tutti” da un giorno all’altro, cercando di capire se ai concerti continuino i contagi o se il  virus ce lo stiamo mettendo alle spalle, spero proprio che da primavera in poi si possa tornare alle nostre “stagioni” degli eventi live.”

Speriamo davvero di tornare presto ad una vita “normale” anche per “salvare” il mondo del lavoro, perché, come dicevi giustamente tu, dietro le quinte ci sono tantissime persone che lavorano, dai fonici agli attrezzisti, c’è tutto un mondo dietro che ovviamente noi da fuori non vediamo, ma che per mettere in moto “questa macchina” che è “la musica”, parlo a livello di musica “suonata”, la pandemia sta veramente massacrando!

“Sta picchiando davvero duro, anche se in tanti ci stiamo mobilitando con iniziative, è dura far capire questo aspetto “del dietro le quinte della musica”…

dai speriamo che davvero che questo vaccino possa farci vedere la luce.”

Io ti ringrazio tantissimo per la tua disponibilità, a nome mio e a nome di Almax.

“Grazie a te”.

 Amici di Almax con questa chiacchierata con Marco Ligabue vi auguro buon anno e al prossimo mese…un abbraccio “virtuale” dalla vostra Ely con la “speranza” che il 2021 possa “riportarci” alla normalità fatta anche di Musica.

Ely

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